Approfondimenti

 

Davide Scaccaglia e Francesco Soncini, 28enni e appassionati di tecnologia, hanno progettato e costruito un robot che realizza oggetti in bioplastica. I due ragazzi sono stati i primi nel parmense a ideare e a costruire da zero una stampante che realizza oggetti in bioplastica. E che nulla ha da invidiare a quelle già presenti sul mercato italiano.

CooBot 3D Printer

 

Perché, anche se oggi la stampa in 3D sta vivendo un boom di richieste e di interesse, le realtà che progettano e sviluppano questi macchinari in Italia si contano sulle dita di una mano. Tra questi si può ora inserire a buon titolo il "3DPR". Così hanno battezzato il loro team i due amici inventori di "Coobot", la prima stampante 3D made in Parma.

Ma è chiaro per tutti il concetto di stampante 3D? Forse è il caso di fare un passo indietro e approfondire meglio questo concetto prima di proporvene l’acquisto di una.

Per stampa 3D intendiamo una tecnologia avanzatissima che consente di creare oggetti tridimensionali, in plastica o in tanti altri materiali, partendo da un modello 3D realizzato al computer. È così possibile dar vita ad oggetti di ogni genere e forma. Il tutto avviene grazie alle stampanti 3D che sovrappongono in maniera ordinata degli strati di materiale, in modo da ricreare in maniera perfetta i modelli che l’utente ha dato in pasto ad esse. Le stampanti 3D sono particolarmente indicate per le aziende che hanno bisogno di realizzare prototipi di oggetti in poco tempo (parliamo comunque di svariate ore) ma la loro crescente diffusione e l’abbassamento dei prezzi che si è registrato nel corso degli ultimi mesi le hanno trasformate in dispositivi quasi pronti per il grande pubblico.

Facciamo qualche esempio pratico di possibile applicazione dell’utilizzo di una stampante 3D.

Che ne pensate di poter realizzare modelli di presidi ortopedici grazie alle scansioni degli arti, evitando ai pazienti lunghe sedute immobili per creare i calchi in gesso? Sembra fantascienza, eppure appena qualche mese fa una 22enne olandese viveva nella sofferenza a causa del suo cranio che continuava a inspessirsi andando a comprimere e a danneggiare le funzionalità del cervello. Grazie a un intervento fiume di 23 ore, i medici hanno completamente rimpiazzato la scatola ossea con una protesi plastica realizzata da una stampante in 3D. Le 3D printer si stanno dimostrando le migliori alleate per i medici per soluzioni personalizzate ad hoc sul paziente e riduzione drastica di rigetti. I casi ormai sono molteplici; prima dell’evento sopracitato c’erano già stati casi di stampa 3D di cuore, orecchio, cartilagini varie, mandibole, retine, fegato, arti e bronchi, che unite alle formidabili abilità dei chirurgi che le hanno applicate ai pazienti, sono riusciti a migliorare e in alcuni casi a salvare diverse vite umane.

Ma, come detto, le applicazioni per le stampanti 3D sono pressoché infinite e allora ecco farsi largo nel mercato globale anche la produzione di prodotti alimentari. La stampante funziona prendendo ingredienti freschi, preparati per la stampa con la cottura e la miscelazione, che si inseriscono attraverso un ugello aprendo un lastra di vetro. Potrebbe non sembrare particolarmente appetitoso, ma con gli ingredienti giusti, la stampante potrebbe risparmiare tempo e fatica, o fare disegni complicati che sarebbe impossibile da replicare a mano. Gli esempi includono gnocchi di zucca, biscotti  a forma di albero di natale, ed altri piatti molto elaborati. Anche se l’invenzione di cibo artificiale potrebbe suonare un po’ inquietante, c’è la possibilità di usare la gastronomia molecolare per migliorare la vita delle persone anziane: si pensi alle difficoltà di deglutizione, la cosiddetta disfagia, di cui soffrono più della metà dei pazienti anziani. Il cibo si potrebbe scioglie rapidamente all’interno della bocca una volta consumato, aiutando a prevenire il rischio di aspirazione e di soffocamento. É questo il compito di SeneoPro, questo il nome del macchinario, che sarà disponibile entro la fine del 2014, che darà la possibilità agli utenti di modellare i prodotti a proprio piacimento conferendo al cibo la consistenza desiderata, aspetto e gusto di alimenti veri anche grazie all’uso di coloranti. Bello, no?


Ma andiamo ancora otre e immaginiamo una stampante 3D enorme, tipo lunga 500 metri, larga 33 e alta 20 e la capacità di stampare addirittura il sogno più grande di una qualunque giovane coppia innamorata: la casa. Non è uno scherzo, ma il progetto dell’azienda cinese WinSun New Materials che sostiene di aver già realizzato 10 case di 200mq l’una in sole 24 ore! “Abbiamo acquistato le parti della stampante all’estero e l’abbiamo assemblata in una fabbrica a Suzhou – racconta Ma Yihe, numero uno della WinSun –. Queste strutture ottenute dalla stampante 3D oltre ad essere ecologiche fanno risparmiare un sacco di soldi in termini di tempo e costo del lavoro.” Questo metodo è in fase di sperimentazione anche in altre parti del mondo. In California, ad esempio, un team di ricercatori della University of Southern California sta testando una gigantesca stampante 3D per la costruzione di immobili che risulterebbero oltretutto particolarmente resistenti e magari adatte come alloggi di emergenza. Naturalmente il tutto a favore dell’investimento economico particolarmente contenuto ai soli circa 5000 € per l’acquisto di un’abitazione, anche se con il pericolo di ritrovarsene un’infinità tutte uguali.

Ragionando più in piccolo, ma sempre in termini di prodotti capaci di stimolare al limite la nostra fantasia, passiamo alla LIX, la prima penna 3D capace di scrivere nelle tre dimensioni. Per questa probabilmente il video seguente sarà più efficace di mille parole.

Da non molto poi è possibile anche stampare oggetti e circuiti da integrare nei dispositivi elettronici grazie a un gruppo di ricercatori della Standford University. Rabbit Photo, questo il nome del progetto open-source, offre un kit che semplifica la stampa degli oggetti 3D elettronico-compatibili con una comune stampante 3D, cosa finora impossibile. La soluzione giunge in forma di un estrusore a siringa contenente inchiostro conduttivo che può fungere da circuito.

Insomma, con la stampa 3D siamo davvero davanti ad una invenzione rivoluzionaria, in qualche modo, per la vita di tutti.

Ma come la così come potenza della fusione nucleare fu pensata “solo” per smuovere montagne e non per sterminare milioni di innocenti con la realizzazione della bomba atomica, così la stampante 3D si sta già rendendo protagonista di fatti di cronaca da brividi essendo capace, purtroppo, anche di dare vita ad armi di vario genere.

Nonostante i dubbi e le perplessità di molti osservatori infatti è stata realizzata la prima arma in plastica. A darne dimostrazione è stato il suo ideatore, Cody Wilson, che da un anno lavora al progetto assai controverso per la creazione di un database di istruzioni open source per creare armi da fuoco con la stampa 3D. L'arma è stata battezzata Liberator, in onore delle omonime pistole usa e getta che gli americani costruirono durante la seconda guerra mondiale con l'intento di paracadutarle ai francesi durante l'occupazione nazista. La nuova Liberator è composta di 16 pezzi, quindici dei quali in plastica. Solo il percussore è in metallo e facilmente reperibile nei numerosi negozi di armi da fuoco in Usa. Le parti sono fatte di polimeri di plastica molto resistenti in grado di sopportare l'esplosione e il passaggio del proiettile nella canna. Dopo lo sparo dimostrativo i reporter di Bbc e Forbes hanno verificato con mano che non ci fossero danneggiamenti di sorta. L'arma era in grado di sparare ancora. Una seconda prova, con proiettili di calibro maggiore, non è invece andata a buon fine: l'arma è esplosa. La legge vigente condanna i dispositivi da fuoco realizzati in materiali non rilevati dai metal detector, motivo per cui in Liberator è stato inserito un secondo componente metallico oltre al percussore: un tondino di ferro che non sfugge ai controlli. E ogni esemplare, conformemente alla legge, ha un proprio numero seriale che lo identifica. Al momento il pericolo rappresentato dalla diffusione su larga scala e in mani poco raccomandabili di Liberator è minimo. Soprattutto negli Usa è ancora molto più facile e meno costoso procurarsi armi tradizionali, ma potenzialmente le condizioni per cui armi stampate in plastica possano un domani essere economiche ed efficaci ci sono tutte. E già oggi il rischio che possano venire usate per dirottare un volo aereo non è da sottovalutare.

Ancor meno sottovalutabile sono i recenti studi fatti in merito al potenziale pericolo per la salute umana che deriva dalle temperature elevate necessarie per realizzare un oggetto, un problema simile a quello rilevato per il toner delle stampanti laser. Quasi tutte le stampanti 3D utilizzano una tecnica di produzione additiva denominata MPD (Molten Polymer Deposition), in base alla quale un filamento termoplastico viene spinto attraverso un ugello estrusore. L’ugello fonde la materia prima e deposita vari livelli di plastica su una piastra mobile fino a creare l’oggetto finale. Le plastiche più usate nelle stampanti 3D commerciali sono ABS (Acrilonitrile Butadiene Stirene) e PLA (Acido Polilattico) che fondono, rispettivamente, a 220 e 180 gradi. A queste temperature il materiale emette particelle ultrafini (UFP) dalle dimensioni nanometriche che possono depositarsi nei polmoni, nelle vie respiratorie ed essere assorbite nel flusso sanguigno. L’ABS, a causa delle maggiori temperature, produce anche monossido di carbonio e cianuro di idrogeno. L’esposizione prolungata può avere quindi effetti tossici. I test effettuati con 5 stampanti 3D hanno evidenziato valori di UFP compresi tra 20 miliardi (PLA) e 200 miliardi (ABS) di particelle al minuto, lo stesso tasso di emissioni misurato durante la cottura su un forno a gas, in presenza di una stampante laser e nel fumo delle sigarette. In futuro verranno eseguiti ulteriori studi, ma in base ai risultati ottenuti i ricercatori consigliano di prestare molta attenzione quando una stampante 3D viene usata in ambienti chiusi non adeguatamente ventilati o filtrati.

Fatta un pò di chiarezza sul mondo delle stampanti 3D torniamo a parlare di Coobot, questo brevetto tutto italiano di stampante 3D. Perché se già adesso la stampa 3D è sulla cresta dell'onda, il prossimo passo è la diffusione di massa: "Credo che il vero boom ci sarà quando in tanti impareranno a disegnare da sé i modelli da stampare  - spiega Francesco Soncini, uno dei due inventori -  allora davvero ognuno potrà prodursi quello che gli viene in mente a casa propria. E' possibile fare molte cose, se si rispettano le modalità di funzionamento della stampante 3D".

Tanto vale farlo con un prodotto made in Italy.

 

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